Giovanni Testori è stato un poeta, drammaturgo, romanziere, storico dell’arte e critico letterario italiano. Dall’inizio degli anni cinquanta, forte del magistero di Roberto Longhi, intraprende con successo un’infaticabile attività di critica d’arte, pubblicando varie riviste e organizzando mostre. I suoi studi si concentrano soprattutto sulla pittura lombarda, dal realismo cinquecentesco al manierismo settecentesco. Si avvicina anche a pittori a lui contemporanei quali Guttuso, Cassinari, Morlotti. Nel 1954 esce la sua prima opera narrativa: "Il Dio di Roserio". A questa seguiranno poi le opere del ciclo "I segreti di Milano", in cui racconta la periferia milanese. Attivo nel teatro, scrive "L’Arialda". È il 1960, e la messa in scena suscita grande scandalo per la sua presunta oscenità del testo, venato di tematiche omosessuali. Proprio lo scandalo contribuirà a far conoscere l’opera di Testori al grande pubblico. Luchino Visconti, Rina Morelli, Paolo Stoppa e Umberto Orsini si rivolgono al presidente della Repubblica Giovanni Gronchi, che si rifiuta di riceverli. L’attenzione alla sperimentazione linguistica e al dialetto produce più tardi la "Trilogia degli Scarrozzanti" ("L’Ambleto" 1972, "Macbetto" 1974 ed "Edipus" 1977). Con la successiva trilogia di oratori di argomento sacro, "Conversazione con la morte" (1978), "Interrogatorio a Maria" (1979) e "Factum est" (1981), si realizza appieno la conversione cattolica di Testori. Dal 1977 collabora con il “Corriere della Sera” succedendo a Pier Paolo Pasolini, prima come commentatore e successivamente in qualità di responsabile della pagina artistica. Negli anni ottanta scrive due "Branciatrilogie" per l'attore Franco Branciaroli e porta in teatro uno dei suoi capolavori, il romanzo "In exitu". Il suo ultimo testo, quasi un testamento, fra teatro e poesia, è "Tre lai".